Il portiere di notte L.Cavani
Nelle
infinite combinazioni dell'Eros, Liliana Cavani nel 1974 sceglie di raccontare quella
passione disperata e disperante che per sempre unisce vittima e
carnefice. Un tema che , al di là delle sue esasperazioni, è molto più
frequente di quello che si crede.
I
rapporti “amorosi” infatti si
capovolgono spesso in relazioni distruttive
cui l’Io critico soccombe, sacrificando razionalità e senso di realtà.
Ne
ripropongo la visione oggi, all’interno del ciclo La anomalie de Potere, convinta che abbia ancora molto da dire.
Sulle note del Flauto magico di Mozart nelle atmosfere
decadenti di una Vienna dell’immediato dopoguerra, un incontro
inatteso e imprevedibile richiama alla memoria ciò che si vorrebbe dimenticare,
ma che con ogni evidenza è più forte di ogni tentativo di rimozione. Lucia e
Max, ebrea lei, ufficiale delle SS lui, reduci dal campo di concentramento dove
si erano conosciuti, entrambi alle prese con il proprio percorso di ricostruzione
personale , finiscono preda della morbosa nostalgia del passato che, alla fine,
distruggerà entrambi.
E non soltanto i fantasmi del passato rievocano
situazioni che hanno lasciato tracce profondissime tra i due, ma pure devono misurarsi con il percorso di redenzione
collettiva di chi di quel passato vuole disfarsi a tutti i costi e con
qualunque mezzo, pur di evitarne le
possibili conseguenze. Non tanto liberare la coscienza dai sentimenti di colpa
che la gravano, quanto liberarsi da
scomodi testimoni che delle nefandezze del regime conservano le prove.
L’incontro
avviene nell’ albergo in cui la
protagonista, ai tempi poco più che bambina e ora moglie di un famoso direttore
d’orchestra, si trova a soggiornare durante una turnée del marito. Il
riconoscimento tra i due avviene senza che la ragione possa far nulla per arginare
la contraddittoria inquietudine che il
rivedersi comporta. L’ambiguità percorre ogni scena, ogni espressione, ogni
aspetto: dal corpo androgino della protagonista, alla tagliente sensualità del
suo sguardo , alla ingovernabile attrazione verso una passione oscura che riemerge senza freni, fino alla totale
adesione nel consegnarsi ad essa. In
albergo prima, nella casa di Max dopo,
i due amanti si abbandonano alla memoria del passato, come se nel
ripercorrerlo ossessivamente si potesse trovare
l’unica via per l’autopunizione.
L’ elemento cardine su cui il film si fonda, come nel
già discusso Arancia meccanica, risiede
nella connessione tra potere e
sessualità, ma qui in modo
decisamente più inquietante. Lo scenario erotico rappresentato nei lager
nazisti coniuga dominio e teatralizzazione, solleticando l’immaginario
dell’epoca denso di grandiosità narcisistica
dove l’altro è oggetto di desiderio osceno e di umiliante sottomissione.
E’ evidente nel film, la celebrazione di
questo aspetto dell’eros, strumento di persecuzione e di schiavizzazione del
più debole, esaltazione di un desiderio contorto e malato. Il punto di svolta sta, in questo caso, nel capovolgimento della situazione
originaria, nella scelta deliberata da
parte di Lucia di seguirne il richiamo fino alle estreme conseguenze.
Avere contestualizzato questa possibilità della
passione amorosa nell’immediato dopo
guerra, nelle atmosfere livide di un mondo ferito dai crimini nazisti dà al
tutto una intensità estetica e di contenuto fortemente emozionante. La denuncia
e la provocazione e, insieme, il fascino del
Male rappresentato dalla regista si muove continuamente dal piano personale a
quello sociale e collettivo: tutti
luoghi dove la dimensione
sessuale si intreccia con la relazione di potere spesso nel più abnorme dei modi. E’ a proposito
di questo legame morboso, eternamente presente nella realtà psichica delle
relazioni d’amore , che il film fornisce materiale di riflessione profonda.
L’irrazionale tendenza a mortificare la propria libertà individuale
sacrificandosi all’Altro in nome di una presunta felicità è certamente ancora e
sempre uno dei contenuti più frequenti delle relazioni uomo-donna, e della lotta
per il potere che le attraversa. Il film mostra tuttavia come le due posizioni
convivono dialetticamente nel
rapporto slittando continuamente l’una nell’altra
e mai in modo unidirezionale. L’identificazione di Lucia nei panni (maschili) dei
suoi persecutori, assegna al femminile
il potere dell’Eros cui il maschile si
assoggetta anche in senso simbolico (la perdita della razionalità, della forza,
del senso critico). Il film fa riferimento
ad un modello femminile audace e non sottomesso, non solo vittima ma anche
carnefice, non donna-oggetto, ma Lilith fiera e ribelle, in ogni caso pronta a
“scegliere” il proprio destino, per quanto feroce possa essere.
Il capovolgimento,
cui il titolo dell’incontro da me pensato fa riferimento, non allude
pertanto solo allo schema sado-maso della relazione tra Lucia e Max, ma a tutto il rovesciamento della situazione
socio-politica, laddove è ora la donna l’elemento
minaccioso che potrebbe denudare la verità .
Avere il potere della conoscenza la rende temibile e persecutoria e, per
questo, a non avere il diritto di
vivere, né tanto meno di amare.
La Cavani ha voluto indagare la natura dell’animo umano
nei suoi aspetti più nefandi e nella sua
irrimediabile attrazione verso il male. In un universo che non accetta
limiti né regole, nemmeno l’amore può
redimere, ma solo condannare.