Mi imbatto spesso nel corso della mia pratica sulla
esistenza di questo mito nella psiche collettiva della societa’occidentale.
Quella che in quest’ultima rappresenta
una delle strutture istituzionalizzate
piu’ potenti per la sua stabilita’ e il suo ordine, produce all’interno
della psiche individuale una immagine che ne accompagna lo sviluppo fondando
una gestalt dalla quale e’ molto
difficile prendere le distanze , anche quando apparentemente vi si distacca o
vi si oppone.
Dunque la famiglia:
Padre, Madre, Figlio. Una
triade sulla cui base si reggono non solo rapporti affettivi e sociali, ma
economici, patrimoniali, assicurativi, ereditari. In nome della perpetuazione
della specie, ogni societa’ infatti elabora un sistema di norme per evitare il
caos che regna serenamente nel mondo animale, evitandone le pericolose
commistioni, e regolandone i rapporti nel modo piu’ preciso possibile. Ad
ognuno inoltre e’ attribuito un compito preciso che diventa “ruolo” al quale
uniformarsi e la cui bonta’
e’misurata attraverso un preciso sistema di valori che ne decretano l’adeguatezza o, la
contrario, la scelleratezza. Perche’ la famiglia cui ci ha educati la cultura
cristiana e’ quella che molto spesso confligge con quella nella quale siamo
nati, rendendo la sua realta’ concreta molto difficile e spesso inaccettabile,
ma non per questo meno vera e infelicemente duratura.
Dice Sandro (i nomi sono immaginari) venuto a fare
terapia di coppia insieme alla moglie Rina: questa non e’ la mia
famiglia, alludendo alle difficolta’ nelle quali quotidianamente si imbatte
soprattutto in relazione alle due figlie. E che dire di Eveline, una giovane meno che trentenne che
viene in terapia per il fallimento della sua storia sentimentale con un uomo
sposato che non riesce a lasciare la propria moglie: brutta copia della propria
famiglia di origine che solo per gli altri risulta unita e stabile, ma priva di alcun rapporto tra i suoi componenti,
silenziosamente separati nelle loro singole stanze , ossia nelle loro quattro singole vite. Quale
mortificazione rendersi conto che insieme non possiedono nemmeno una
foto, nemmeno una lontana parvenza della finzione che da anni portano
avanti. Un altro esempio puo’ essere
descritto dal caso di Marinetta, una donna attraente e intelligente, che a
questo mito ha sacrificato la propria vita sentimentale, pur di sostenerla agli
occhi dell’unico figlio e alla salvaguardia del suo patrimonio, relegando le
proprie esperienze affettive nella clandestinita’ e nel buio. Questi pochi
accenni ad alcune delle innumerevoli storie che ho seguito, ma anche di
semplice conoscenza, spingono a porsi degli interrogativi e a formulare delle
considerazioni.
Come afferma Tolstij nell’incipit di
Anna Karenina tutte le famiglie felici sono simili tra
loro; ogni famiglia è infelice a modo suo, gli esempi che ho citato dimostrano che mentre l’ideale della
famiglia perfetta fa riferimento ad un’unica immagine presente nella coscienza
collettiva, la sua identita’ reale e’ invece diversificata e contestualizzata, immersa in
un intreccio complesso di emozioni, sentimenti, aspettative. Evitare il conflitto pur di mantenere
incontaminata l’immagine idealizzata dei
rapporti tra i membri di una famiglia, significa sostenere una finzione che a
lungo andare li depaupera della
autenticita’ e della libera espressione dei sentimenti.
Il cinema contemporaneo, cosi come la letteratura, ha da lungo tempo scelto come soggetto di rappresentazione
la famiglia e le interazioni tra i suoi membri, soffermandosi sull’utopia della famiglia ideale e
concentrandosi sulle sue ipocrisie che , piu’ dei conflitti aperti , ne
scompaginano la struttura silenziosamente ma non meno dannosamente.
Dall’assenza ai tradimenti, dalla prevaricazione alla passivita’, dai silenzi
alle manipolazioni, le figure dello
scenario familiare “recitano’ la propria parte nascondendo inconfessabili
verita’ pur di mantenere inalterata la struttura a se’ stessi e ancor di piu’ agli occhi degli
altri. Perche’, anche in epoca di grandi
trasformazioni sociali come quella in cui viviamo, il modello familiare
tradizionale sopravvive rigidamente come immago interiorizzata dei singoli individui,
un fantasma con cui confrontarsi continuamente , un riferimento
insopprimibile nella propria evoluzione. Malgrado la pluralita’ culturale del mondo
attuale, l’immigrazione, la diffusione di convivenze tra persone dello stesso
sesso e il crescente numero di divorzi,
il concetto di famiglia rimane immaginativamente ancorato alla sua
composizione originaria e ai ruoli primari a questa connessi. L’interiorizzazione di questa struttura, nella
sua forma buona sembra pertanto una gestalt che resiste ai cambiamenti
sociali e culturali, alle trasformazioni del tempo, con una refrettarieta’ che mina la creativita’ di ogni nucleo
familiare e la possibilita’ di elaborare le proprie tensioni in termini positivi .
Al contrario, conflitti e contrapposizioni sono fonte di conoscenza e di scambio , di approfondimento e di individualizzazione delle tematiche familiari . Non e’ un caso che quando la finzione cade , e i conflitti negati o nascosti esplodono per cause impreviste , la violenza puo’ emergere in modo altamente pericoloso.
Al contrario, conflitti e contrapposizioni sono fonte di conoscenza e di scambio , di approfondimento e di individualizzazione delle tematiche familiari . Non e’ un caso che quando la finzione cade , e i conflitti negati o nascosti esplodono per cause impreviste , la violenza puo’ emergere in modo altamente pericoloso.
Il modello della famiglia perfetta o felice e’ pertanto un mito imperfetto che distorce la realta’ e non permette di affrontarla, logorando
interiormente chi si illude di poterla raggiungere o chi si ritiene
responsabile del suo fallimento. Una mia
paziente, di 76 anni, divorziata da 20 , pittrice affermata ed
apprezzata, continua a rimproverarsi di avere tolto alle sue due figlie ormai
quarantenni la famiglia e di avere dato a queste ultime una grande sofferenza
conseguente alla propria scelta. La colpa di non aver saputo sostenere un
matrimonio infelice grava ancora nella sua vita come nelle sue opere, dense di
ombre scure come i suoi rimorsi. Cito il
caso di questa artista, laica, femminista, creativa, che malgrado il suo
carattere determinato e libero , non e’ riuscita a sganciarsi dal sentimento di
colpevolezza che la opprime da molti anni e a cancellare dalla propria anima
l’immagine di una famiglia che avrebbe potuto essere felice se solo fosse stata
capace di sacrificarsi. Per concludere, un cenno ai riti connessi al mito in
questione. Alludo a quelli che sono i momenti rituali che ogni famiglia mette
in atto per celebrare la “bontà' ” della sua esistenza. Le feste, i pranzi, i
compleanni, e tutte quelle occasioni in
cui lo stare insieme presuppone legami affettivi, affinita’, autenticita’
dei sentimenti. Eppure sono questi i luoghi piu’ significativi della finzione
cosi’ come le occasioni piu’ feroci del suo disvelamento. Laddove infatti la
famiglia recita le sue
bugie e reprime i suoi segreti, parafrasando il
titolo di un vecchio film sull’argomento, i riti familiari divengono momenti di
malessere e di disagio profondo per tutti i componenti , circostanze che da feste
si trasformano spesso in tragedie. Da Festen ( 1998) a Le fate ignoranti (2001) il cinema non smette di
mettere in scena le riunioni familiari
attorno alla tavola imbandita : e’ proprio in quelle ri-unioni che la verita’
affiora senza discrezione, distruggendo definitivamente il mito della famiglia
felice .
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