L’Alzheimer e’ la malattia della perdita. Non la
perdita irreversibile della vita, ma la perdita della mente intesa come
contenitore dell’identita’ personale, delle esperienze, dei legami affettivi.
Come se questo prezioso contenitore avesse una fessura man mano sempre piu’ larga, dalla quale fuoriescono ricordi, pensieri, emozioni. Un contenitore che
si svuota della propria vita, malgrado la sua presenza fisica, malgrado il
mondo che lo circonda sia ancora li, identico, ma gia' smarrito.L’immagine di chiusura del film ne e’ la
rappresentazione piu’ eloquente : nello splendente viso di Julianne Moore,
gradualmente la luce si spegne, fino a quell’ultima espressione,
drammaticamente assente. Per chi come me di questa malattia ha fatto esperienza
diretta, personale e professionale, e’ la lontananza
di quella espressione che, al
contrario, riporta indietro i ricordi volutamente messi da parte,gli sguardi vuoti con cui ho avuto a
che fare, quell’esserci senza esserci
di tutti coloro a cui ho somministrato i test della memoria, ripetuto le serie
di parole da ricordare, le date e le stagioni da ripassare. E, naturalmente, il
volto di mia Madre. Gli ultimi anni di una presenza senza ancore, che necessariamente
si e’ costretti asostituire per
mantenerne almeno la dignita’. E' questo l’altro aspetto che il film evidenzia:
le relazioni familiari e sociali subiscono lo stesso disorientamento che coglie
alla sprovvista chi ne comincia ad avvertire i segnali, prima che la coscienza
diventi nebbia, come succede ad Alice Howland, la brillante
e ambiziosa protagonista di questo film che,prima ancora di affidarsi alle cure del marito e alla attenzione dei
figli, affida al pc e al cellularela
memoria di se’ e l’autonomia delle proprie scelte. Ma neanche la tecnologia
puo’ impedire il decadimento di una intelligenza costretta a sacrificare la
propria presunzione e a fare i conti con l’imprevedibilita’ della malattia. E forse e’ proprio attraverso gli sbandamenti che il caso costruisce per i
personaggi che vi sono coinvolti ,che
gli stessi possono riscrivere la trama
dei propri legami, mai del tutto scontati, a volte persino sconosciuti, ma
sempre gli unici a potere aiutare a sopravvivere.