sabato 5 gennaio 2013

La migliore offerta, G.Tornatore 2012


Nella stanza più segreta di una splendida dimora Virgil  coltiva la sua idea di donna attraverso una pregiata collezione di dipinti  famosi. Virgil Holdman è un collezionista e un battitore d’asta, abile a distinguere una copia da un originale, egli stesso tuttavia avvezzo a spingere astutamente  le offerte verso il  proprio piacimento ed interesse.  E’ innamorato dell’Arte, ma non ha mai amato una donna se non nella sua rappresentazione artistica.  I guanti che indossa  lo proteggono dal contatto con la realtà, evitando che questa possa lasciare impronte sulle opere che tratta, ma più ancora sui sentimenti. Simulazione e realtà si intrecciano da subito in questo affresco filosofico del regista siciliano sull’enigma della verità, sempre difficile da distinguere e decifrare. L’incontro con una donna “vera” condurrà il bisbetico Virgil,  suo malgrado,  ad una metamorfosi e ad una inaspettata revisione di sé stesso. Continuando a mettere insieme i pezzi di un misterioso ingranaggio,  dentro una lussuosa villa carica di oggetti e mobili antichi, la realtà del femminile prende voce, portando alla luce la curiosità e la vulnerabilità del protagonista finalmente attratto da una donna che tuttavia si nega alla vista e confonde la conoscenza. Il conflitto tra ciò che e’ e ciò che appare, tra ciò che appare e ciò che si nasconde, tormenta Virgil fino allo stremo, fino allo smarrimento e allo sbando esistenziale. Travolto dal desiderio di possedere ora l’oggetto di un nuovo appassionante amore, Virgil entra in contatto  con il suo essere più profondo, si dà a questo nuovo trascinamento dei sensi, abdica alla ragione che fino a quel momento lo aveva difeso e protetto. Come quasi sempre accade è nella sua stessa stanza segreta che Virgil troverà la verità.

Il  gioco della simulazione possiede tutto il film al di là della sua trama anche nel finale,  anch’esso sfuggente ed enigmatico, lasciando  allo spettatore la possibilità di trarne la  conclusione. La chiave di lettura con la quale il regista accompagna e sottintende la narrazione è nella frase più volte ripetuta: "In ogni falso si nasconde sempre qualcosa di autentico”. Se l’amore, come tutto il resto, può essere sede di inganno e di simulazione, alterazione dello sguardo, abbattimento dei confini tra sé e l’altro,  ugualmente non si può escludere l’autenticità della sua forza e del suo potere capace di  rivoluzionare la vita di chi lo segue. Chiunque ne sia toccato perde gli usuali punti di riferimento, rimane a ruotare dentro il suo vortice come Virgil  nelle ultime scene, ora ragione ora follia ora illusione, in attesa che il tempo possa chiarirne il significato.

Ma forse , l’archetipo più ambiguo ed  inquietante del film  è rappresentato dalla nana dietro la vetrina: sgorbia, immobile, a metà tra un essere vivente e un essere meccanico, testimone senza tempo che tutto osserva, immagine di una possibilità di conoscenza che supera i limiti e le barriere entro cui è costretta: l’unica forse a conoscere la verità.

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