sabato 6 aprile 2013

A proposito di "genitorialità"


 

Il figlio dell’altra. Lorraine Lévy 2012 

 

Cosa decreta l’identità personale?  L’ appartenenza a una famiglia è determinata dal sangue e da ciò che è depositato nel DNA di ognuno di noi,  o è il risultato dell’educazione ricevuta attraverso i legami affettivi, l’amore di cui si è stati oggetto, la condivisione della quotidianità? E, soprattutto, che vuol dire essere genitori ? Sono queste le domande che il  film pone e a cui sembra dare risposte, evidenziando in modo netto la differenza dei valori- natura propri ad ogni madre  e dei valori - cultura che sostanziano l’essere padre, soffermandosi sulle reazioni dei figli di fronte alla verità della propria origine, sulla con-fusione emotiva che alcune rivelazioni  suscitano nel sistema famiglia . Se questi interrogativi sono poi ulteriormente complicati dal conflitto sociale del luogo in cui si vive,  israeliani e palestinesi nel caso specifico, ancora di più il tema  si riempie di contenuti emozionali,  mostrando come anche i sentimenti più solidi siano messi alla prova dalla banalità dell’ errore umano e delle sua drammatiche  conseguenze. Di fronte ad esperienze come quella narrata dalla regista francese , anche i più intensi legami  inevitabilmente vacillano, si ritraggono, si oscurano nel dubbio e nella diffidenza. Si mette a nudo l’Ombra della psiche individuale, le gelosie, le rivalse.

Intorno al muro che divide Israele dalla Palestina la regista ci racconta  non  una storia politica ma una storia umana , l’una nel riverbero dell’altra,  toccando i punti salienti del difficile rapporto genitori-figli  nel momento in cui questi ultimi,  poco più che adolescenti,  sono alle prese con la formazione di sé stessi, con l’ambivalente  necessità di poggiare su una base affettiva stabile, sulla conferma che dall’Altro proviene. Il film mostra in particolare come una rivelazione inattesa  generi smarrimento più nei padri che nelle madri, mettendo in luce la capacità delle donne di farsi ventre anche del figlio che non hanno nutrito, di aprirsi alla  tenerezza di fronte a chiunque ne abbia bisogno, sia  nato dal  proprio corpo o dal corpo di un’altra donna, nutrice sempre , sempre capace di nuovo adattamento.

Al contrario , la regista mette a nudo la difficoltà del padre, il  rapporto  culturale che ha con il figlio, legato più al fare  che  all’essere , dominato in fondo della diffidenza verso la donna-madre , più incerto e confuso di quest’ultima sulla autenticità dei propri sentimenti. Dopo la prima destabilizzante notizia , Leila e Orith,  le due madri protagoniste non esitano a riconfermare il loro amore ai figli che hanno allevato pur non essendo quelli che hanno partorito, senza  disconoscere il richiamo del corpo , ma  anche capaci di resistervi.

Un film che indaga sulle differenze di genere, sul maschile e femminile,  ancora prima della differenza dei ruoli genitoriali. Significativa la reazione del fratello di Yacine uno dei due ragazzi coinvolti nello “scambio” di culle: l’improvvisa esplosione della rabbia etnica  che trasforma il fratello in nemico. Nel rigetto, nella negazione dei sentimenti in nome di una cultura religiosa estremista, ferito nella  hubris personale , il giovane confonde i principi con la realtà, le leggi degli uomini con quelle della natura,  ancora una volta palesando la grande differenza delle reazioni maschili  rispetto a quelle femminili, come quelle delle sorelle, vere piccole donne, capaci fin dall’inizio di accettare i cambiamenti senza ostilità, preoccupate più di ogni altra cosa di perdere la presenza di Yacine l’una,  o di  Joseph  l’altra.

Per concludere , la riflessione del film sembra girare intorno alle parole di Zoja nel suo famoso saggio  “Il gesto di Ettore” quando, riferendosi al mondo animale, scrive:“Insomma, le madri non possono permettersi di non essere buone madri; i maschi invece possono permettersi addirittura di non essere padri”.

Affermazione che attribuisce alle donne  la dimensione della stabilità affettiva e dell’etica familiare che in ogni contesto socio politico le caratterizza.




 

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