sabato 12 dicembre 2015

INFINITA PRESENZA

Questo è la riflessione discussa da me per il ciclo di icontri "Che luogo è l'Anima?"










Come si chiama lo spazio bianco tra realtà e immaginazione? Esiste davvero? Credo che quello spazio sia l'anima delle cose.                                                                                                                                        

 H. Murakami




Nella introduzione a questi incontri, ho fatto una premessa che certamente non è stata sufficientemente chiara per evitare equivoci ( sull'anima) e malintesi. La prospettiva che ho scelto per parlare di anima come luogo, non solo è assolutamente psicologica ma, con ogni evidenza, simbolica e metaforica. Quando parlo di luogo non mi riferisco ad uno spazio fisico, ma a uno spazio simbolico, ad una metafora . E quando parlo di anima sto parlando di psiche, della psiche come sede di tutta la nostra vita affettiva, emotiva, immaginaria che costituisce la nostra esperienza dalla nascita alla morte. Quando parliamo di psiche ( o di anima) ci riferiamo a qualcosa che sta dentro di noi (l'anima individuale) anche se ognuno di noi è sempre parte di un contesto sociale, culturale, collettivo, ambientale (l'anima collettiva) cui, da un lato si appartiene (ci stiamo dentro) e che dall'altro ci abita ( sta dentro di noi). In questo senso psiche è la nostra dimora in quanto tutti i nostri accadimenti esterni sono contemporaneamente eventi psichici (interni) dei quali possiamo avere maggiore o minore coscienza, ma che si inscrivono in noi, guidando, condizionando, trascinando le nostre scelte. Dentro di noi infatti è presente un enorme carico di vicende emozionali che abbiamo non soltanto vissuto realmente, ma che ci sono state trasmesse, raccontate, tramandate e che hanno alimentato la nostra immaginazione e la nostra visione delle cose. Psiche insomma ( o anima) rappresenta il mondo interiore dell'uomo, un mondo complesso, contraddittorio, spesso caotico , dove le categorie che ordinano il nostro vivere quotidiano perdono il loro valore e non ci servono più come riferimenti certi. Mi riferisco qui a spazio e tempo: determinanti del nostro agire, del nostro pensare, ma che nella vita psichica assumono tutta un'altra valenza e un'altra dimensione. La dimensione della significanza. Cosa intendo? Quello che per noi ha un senso, un significato, esiste dentro di noi in modo assoluto anche se ci riporta al passato o a uno spazio mai vissuto, o ad esperienze solo immaginate. Pertanto nella nostra vita interiore coesistono presente e passato senza una distinzione precisa, così come lo spazio risulta essere una dimensione assolutamente diversa da quella reale e molto più complessa. Quando parlo di presenza mi riferisco alle esperienze riguardanti relazioni, eventi, situazioni che pur essendo avvenuti in altri momenti e in altri luoghi, continuano ad albergare dentro di noi, come se fossero sempre lì, presentificandosi nelle situazioni attuali, che siano relazioni affettive, situazioni sociali, investimenti di ogni genere che del passato mantengono la gestalt, la forma, ripetendosi senza posa almeno fino a quando non riusciamo a trasformarle.
Noi siamo continuamente portati a vagare tra passato e futuro, spinti dai ricordi del passato e sospinti verso qualcosa che non è ancora, mantenendo la ripetizione di un copione che ci intrappola e ci vincola. Direi che in qualche modo abitiamo in un non luogo, sospesi tra ciò che è stato e ciò che non è ancora, nel regno immaginale dei nostri pensieri, delle nostre ambizioni, del nostro desiderio, delle nostre paure.
In psicologia si parla spesso di qui e ora, l'hic et nunc dei latini. Espressione antica ma ripresa oggi da molte discipline, come la meditazione, lo yoga, le arti marziali, la psicologia. Qui ed ora significa riuscire ad essere presenti nel preciso momento dell'ora, lasciando andare il flusso dei pensieri che continuamente ci riportano là ed allora, Proprio in quel momento l'individuo può essere presente alla coscienza dell'attimo attuale della sua corporeità , del suo esserci.
L'esperienza del “qui-ed-ora” nasce nell’ambito della corrente fenomenologica, e in particolar modo nella psicologia della Gestalt che su questo concetto fonda la sua prassi terapeutica. La coscienza del presente aiuta ad ottenere il cambiamento e condurci finalmente fuori dalla coazione a ripetere verso la nostra autorealizzazione. In realtà è una esperienza molto difficile proprio perchè la nostra mente funziona nel continuo andirivieni di pensieri che si affollano, che si accavallano, si sovrappongono per cui fermare l'attimo è un esercizio molto complesso.
Nella prassi psicoanalitica l'esperienza di spazio e tempo è invece centrata sull'analisi del passato e sui sogni che come è noto sono considerati la via regia per entrare nell'inconscio. In entrambe queste dimensioni i principi , le caratteristiche, i connotati ordinari diventano straordinari. Il mondo onirico infatti, così come la memoria del resto, non obbedisce alle regole né dei nessi causali di un prima e di un dopo, né di un qua distinto da un là. Un modo per accostarsi a questa capacità dell'anima (psiche) è espressa in modo esemplare dallo scrittore H. Murakami. Scrittore surrealista, ha scavalcato nei suoi romanzi il confini del tempo-spazio per immergersi nella dimensione dell'eterno presente psichico, passando da un piano all'altro, tra realtà e immaginazione, senza scomporre i tratti della storia, ma al contrario portando il lettore nell'interiorità più profonda, nei recessi più remoti della vicenda e dei suoi protagonisti ( Dance, dance, dance). Un'operazione analoga a quella operata in pittura da Salvador Dalì: il primo che sia riuscito a trasferire sulla tela i contenuti inconsci della mente, le pulsioni, gli incubi, le paranoie e i deliri dell’uomo del Novecento, trasmutandoli in immagini.
Nella realtà psichica spazio e tempo non esistono.
Dovremmo infatti sapere che il tempo è un arbitrio dell’Io, un’escamotage dell’intelletto che ci consente di vivere la nostra piccola finestra di esistenza, ordinandola e strutturandola in un prima e in un dopo, necessari per collocarci e per collocare le nostre esperienze. Il tempo interiore invece è sempre un incontro di più tempi, è una temporalità fatta di stratificazioni, non sequenze di fatti , ma sovrapposizione di fatti soggettivi, rivissuti in un tempo unico, quello attuale. Possiamo dire che il remoto è nell'attuale. Possiamo pensarla come un temporalità transfenomenica che si costituisce attraverso la memoria e il racconto, e nel quale la presenza di un altrove è coesistente al tempo presente.
Pensiamo a come le nostre esperienze infantili rimangano fissate nella nostra psiche
riattualizzandosi continuamente nel tempo presente. Pensiamo a quanto i nostri traumi infantili possano continuare ad agire anche in età matura mascherati magari, ma in fondo inalterati. Continuiamo a proiettare nelle vicende attuali le ferite del passato, le relazioni primarie, le ambizioni fallite, continuamente in cerca di trovarvi una soluzione, una compensazione, insomma una risposta. Ma fino a che non riconosciamo da cosa originano rischiamo di ripetere inconsciamente senza fine (infinitamente) gli stessi comportamenti, o le stesse scelte, andando incontro a nuove frustrazioni, a nuovi fallimenti. Sto parlano delle ferite dell'anima , dei traumi psichici , che rimangono nella nostra psiche pronte a sanguinare ogni qualvolta qualcosa torna a sfiorarle negli accadimenti di oggi, come se il tempo non fosse mai trascorso e il dolore immutato. Si è vero che in terapia si lavora per l' elaborazione delle ferite, per il loro rimarginarsi e divenire cicatrici, evitando che possano ostacolare in modo pesante la vita di ogni giorno, ma quand'anche questo lavoro si compia nel migliore dei modi, nella nostra psiche rimangono sempre presenti, vive, pronte, dolenti. Penso alle perdite, ai lutti, ai fallimenti, tutte quelle situazioni che finiscono con una morte, letterale o simbolica che sia , ma che dentro di noi non muore mai. L'anima pertanto vive in un tempo eterno, e in tal senso è immortale.
C'è un'altro punto sul quale voglio riflettere a proposito dell' infinita presenza che dimora nella nostra anima. É la pluralità di aspetti, di componenti o, come nel Sostiene Pereira di Tabucchi una enorme quantità di Io che rendono la nostra psiche individuale un insieme infinito di presenze delle quali solo uno diventa L'Io egemone. L'uno , nessuno e centomila del nostro Pirandello, e il politeismo dell'anima di J.Hillman. Questa compresenza di ombre e luci , di aspetti noti e ignoti, di stanze sconosciute che nella nostra dimora interiore si aprono o si chiudono come avviene in molti sogni (ricordo qui alcuni sogni di un mio giovane paziente), regni sotterranei, cantine oscure, soffitte inesplorate: tutte immagini della complessità della nostra psiche di cui conosciamo solo gli aspetti nei quali pretendiamo di riconoscerci. A tal propositi Freud dice che l'Io non è padrone a casa sua. E Jung afferma che l'Io non è altro che un complesso della nostra totalità, una nota a margine del nostro Sè. Noi possiamo essere simultaneamente puer e senex, adulto e bambino, genitore e figlio, giudice e trasgressore, senza che questo diventi una contraddizione se sappiamo viverli pacificamente integrandoli nella nostra coscienza in modo armonico e consapevole. Solo la negazione o la repressione di alcuni aspetti di noi può divenire un pericolo per il nostro equilibrio.
L'ultimo punto è quello che riguarda la psiche collettiva o, se vogliamo, l'essere in anima: se da un lato ogni individuo contiene dentro di sé tutto ciò che riguarda la propria esperienza personale, è anche vero che negli strati più profondi della nostra anima si riflette l'esperienza collettiva, che pur riferendosi a tempi e luoghi mai direttamente conosciuti, opera in noi attraverso gli archetipi, gli universali, che rappresentano il mondo dell'Uomo e dell'Uno, e del suo sviluppo fin da sempre. Torno a questo proposito un momento a quello scrittore giapponese che ho già citato e al suo Sotto il segno della pecora ( una delle prime opere datata 1982). In questo romanzo direi esoterico si svolge una caccia alla pecora, una pecora particolare, che altro non è che l'uomo arcaico dentro di noi. Solo ritrovandolo dentro possiamo renderci conto di quanto stratificata sia la nostra psiche e come il nostro personale destino sia il riflesso e la riedizione del destino collettivo e delle vicende umane nelle quali in ogni tempo e in ogni luogo siamo fondamentalmente immersi. Lo stesso uomo arcaico è quello che tornerà in Dance Dance Dance nel sotterraneo buio e polveroso di un modernissimo albergo (opera già citata). Lo spazio quindi ( o il luogo) abitato dall'anima è un luogo antico, sconosciuto ma che facilmente si sovrappone al nostro essere qui, nel mondo che realmente ci circonda, perchè in quel mondo noi siamo contenuti e con cui si attiva un rapporto di sincronicità e di compresenza, che non ha niente a che fare con i principi della logica, in quanto appartiene ad un altra logica.

Concludo con un brano tratto da questo scrittore straordinario che come pochi ha saputo penetrare nel mondo dell'anima, nella realtà psichica:

In fondo alla coscienza di ognuno di noi c'è un nucleo che non possiamo percepire. Nel mio caso si tratta di una città, Una città dove scorre un fiume, circondata da un alto muro di mattoni. Io vivo lì, anche se quel posto non l'ho mai visto con i miei occhi. Quindi non so dirti altro” (H. Murakami La fine del mondo e il paese delle meraviglie) 


Opere citate

J. Hillman Anima  Anatomia di una nozione personificata  
H.Murakami Dance Dance Dance
H. Murakami Nel segno della pecora
H.Murakami  La fine del mondo e il paese delle meraviglie
S.Dalì  La persistenza della memoria



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