giovedì 23 maggio 2013

Il Padre lussurioso

 

Riflessioni sull’odierna  mutazione dell’archetipo del padre


Le mie riflessioni sull'archetipo del Padre, unitamente alle vicende psico-patico-politiche che animano il nostro paese, hanno ispirato l'articolo che segue.

 
“dietro ogni singolo padre c’è l’immagine eterna del Padre” C.G.Jung, 1931

 
Da alcuni decenni si parla dell’assenza del padre nella società moderna e delle sue conseguenze negative non solo sul piano personale delle nuove generazioni , ma soprattutto, per la valenza simbolica che il concetto di  Padre esercita sul piano collettivo. L’archetipo del padre è portatore di aspetti indispensabili per lo sviluppo culturale e sociale dell’individuo e della comunità, è il portatore dei valori etici e dei principi fondamentali del vivere insieme , fondatore della struttura familiare, sociale, universale. Basti pensare al gesto creatore del Dio Padre, ordinatore del cielo e della terra, legislatore del cosmo nella visione cristiana : attributi che fino all’inizio del novecento  ogni uomo con questo ruolo replicava con maggiore o minore impegno nel cosmo familiare  senza mai  metterli in discussione. La radicale trasformazione che nel secolo scorso ha  investito la società occidentale, la secolarizzazione della cultura, la mutazione della economia e il dissolvimento del sistema familiare, ha modificato sostanzialmente i ruoli genitoriali con un’avanzata femminile che ha ridotto  la forza dell’autorità paterna unitamente al progressivo deterioramento della morale tradizionale. I padri quindi si sono lentamente trasformati in mammi, in amici, in “papi”. Dalla figura temuta e rispettata dei padri della mia generazione, i padri hanno assunto gradualmente il volto consolatorio materno, il compagno di giochi, il complice di trasgressive avventure, dispensatore di piacere piuttosto che di doveri. Se tra i compiti fondamentali del padre c’era quello del mantenimento economico della famiglia attraverso il lavoro, la diffusione del ruolo lavorativo anche per la madre ha svalorizzato quel “ privilegio” maschile , ma ha certamente aggiunto ricchezza al tenore familiare e consentito ai figli l’appagamento di maggiori desideri . In questo senso il padre è divenuto nel tempo colui che può soddisfare piaceri più grossi di quanto era consentito in passato. E’ evidente che tutto questo non è possibilità di chiunque ma ne costituisce l’esempio,  il modello comportamentale ideale da raggiungere a tutti i costi. Anzi, è proprio nelle classi meno fortunate che il modello del padre ricco, dispensatore di piaceri, dall’auto di lusso all’ultimo modello di iphone, trova maggiore attecchimento, divenendo l’immagine emblematica del benessere. Che poi il raggiungimento di tale condizione sia guidato da principi discutibili  e ottenuto  attraverso condotte moralmente riprovevoli è poco rilevante per una società nella quale il fine giustifica i mezzi e dove il denaro rappresenta lo scopo essenziale dell’esistenza. In questo senso l’imago di un padre lussurioso si contestualizza nel generale sistema di “concupiscenza” che caratterizza la società odierna,  i cui miti che la sostengono fanno riferimento a modelli di  uomini  ricchi, potenti, famosi e di successo con le donne.  Il concetto stesso di lussuria  si è pertanto profondamente modificato passando da vizio capitale a nuova virtù, da apprezzare ed  imitare dando un volto totalmente diverso al modello di padre : se questi infatti è stato considerato da sempre come  colui che guida, che indirizza, che sostiene, nella logica del piacere cui faccio riferimento non può che essere lussurioso. E’ chiaro il riferimento alle ormai ripetitive vicissitudini politiche del nostro paese dalle quali emerge chiaramente il modello vincente del padre-imprenditore, capace di fornire un esempio improntato alla creazione di un sistema redditizio economicamente e  vantaggioso per la propria identità personale. Un padre che alimenta la bramosia del potere più che la responsabilità delle proprie azioni, che si lascia lusingare dalle carezze di chi lo segue:  un leader che si rappresenta come seduttivo e seducente attraverso le ricchezze che promette ai suoi figli/membri sociali : il già noto “papi” . Il papi è  amorevole con chi lo corteggia, indulgente, sensibile alle richieste  di  soddisfacimento di piccoli o grandi desideri in quanto sollecitano la propria vanità e sono una conferma del proprio potere. Se in altri tempi il padre era colui che esigeva dei limiti, oggi è colui che li rimanda, li sposta e li supera. Non più il legislatore all’interno di confini precisi, ma il vettore per il loro superamento. Del resto, vuoi o non vuoi, puoi o non puoi, la società attuale non tollera limiti al proprio espandersi, al dilagante impero del narcisismo personale, confortata dalle possibilità tecnologiche dell’era globale ad ottenere gratificazioni, seppure effimere, impensabili in precedenza.   Oggi si pretende tutto. E si può avere tutto. Basta comprarlo.  Come già  negli anni 70  E. Fromm evidenziava,  “in una cultura nella quale la meta suprema è l’avere –  anzi l’avere sempre più –  si direbbe che questa sia la vera essenza dell’essere ,  e  che  se uno ha nulla,   è nulla” . In questo quadro  è quanto mai facile l’escalation di leaders che sull’avere fondano la propria identità e che a tale risultato mettano al servizio il loro fare. Il fare,  inteso sia in senso personale che politico,  è oggi funzionale al desiderio di essere chi più ha , di possedere, alimentando idoli e illusioni piuttosto che sollecitare lo sviluppo e la realizzazione quasi sempre con fatica,  se non anche con la rinunzia,  all’immediato soddisfacimento.

Pertanto, in un mondo dove il possibile non ha limiti umani, ma post-umani, la figura del Padre -governatore si tratteggia come colui che  invita a superarli con ogni mezzo. Non norme, ma strategie, no principi ma presupposti. Se questa analisi, per quanto parziale e imperfetta, aderisce in qualche misura al clima contemporaneo, una ristrutturazione dell’archetipo del Padre non può riproporre  il dio morto dei tempi che furono, ma adoperarsi per ristabilire un contatto con i desideri di giustizia e di solidarietà e di integrazione che oggi l’era globale richiede,  senza toni moralistici o talora anacronistici,  destinati senz’altro al fallimento. Non è un caso, a mio parere, che il ripristino della dignità morale perduta sia oggi affidata ai  “figli maggiori” : nella perpetua dialettica  tra il senex e il puer, un giovane padre/adulto può forse meglio  essere in grado di  mediare tra le pulsioni del desiderio e la necessità di contenerle,  orientando i propri fratelli in un mondo fondamentalmente nuovo che mai potrà tornare a restaurare l’autorità indiscutibile del Padre Eterno, ma rappresentare un padre capace di interpretare correttamente e responsabilmente  il proprio tempo:  flessibile ma non assente,  integrando,  nel rispetto della realtà, il principio di piacere  così come il desiderio, decaduto nella modernità a consumo indifferenziato e compulsivo.  Perché , come direbbe Lacan,  il desiderio ha bisogno della legge, di un limite al suo libero e individualistico appagamento. E’ di questa legge che il padre deve tornare a farsi garante e “guardiano” evitando di sollecitare , sia in senso familiare che collettivo, l’immagine di un padre/papi amabile e disponibile da sedurre per riceverne più doni e ricompense. Aspetto che , pur nella differenza, produce conseguenze ugualmente dannose nel maschio e nella femmina, configurandosi  come un modello fortemente sessualizzato , competitivo per il primo, incestuoso per  l’ altra. E' quindi auspicabile che il nuovo padre riprenda il governo delle proprie pulsioni, tornando a distinguersi dai figli, per garantire la differenza e la discontinuità dello sviluppo senza la quale la storia non sarebbe evoluzione, ma  sterile riproduzione del medesimo ordine, indifferenziato e fusionale.

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